Olanda 2004
Era metà giugno. Finita la scuola, messi libri e zaini da parte, sentivamo proprio il bisogno di una bella vacanza, ma non di una vacanza riposante e tranquilla, bensì di una vacanza avventurosa.
Ne parlammo con due nostri cari amici con cui avevamo già trascorso vacanze avventurose. Vagliammo alcune mete possibili e alla fine decidemmo per… un viaggio in Olanda in bicicletta!
E così partimmo all’avventura, senza programmi definiti ma solo vagamente abbozzati e senza prenotazione alcuna come quando eravamo giovani, ma ora eravamo quattro adulti e cinque figli e, siccome di giovani intorno non ne avevamo mai abbastanza, prendemmo con noi altri tre ragazzi amici dei nostri. Quindi quattro adulti, quattro ragazze e quattro ragazzi dai 13 ai 20 anni… meravigliosi adolescenti.
Per alcuni il viaggio in aereo da Milano ad Amsterdam era il primo. Osservandoli di nascosto, scoprivo visi pallidi e tirati, risatine nervose, mani avvinghiate a quelle del vicino nel tentativo di affrontare meglio la prova “primo volo”, poche parole e lunghi silenzi. Solo una volta atterrati ci rilassammo tutti e ripartirono le battute e le chiacchiere.
Per mangiare non ci aspettavamo problemi ovviamente, ce n’è sempre ovunque. Il problema era trovare da dormire tutte le sere per dodici persone in un paese come l’Olanda piena di turisti in estate. Provare per credere!
Così la prima sera ci adattammo alla meglio in una modestissima soffitta proposta dall’agenzia come B&B per turisti a cui si accedeva da scale strette e ripidissime (che poi avrei capito essere tipiche delle case olandesi di città, sviluppate in altezza e attaccate una all’altra).
Il Breakfast del pacchetto era a 500 metri di distanza in un bar in convenzione con la soffitta e il cibo era tutto rigorosamente industriale. Ma tanto eravamo tutti affamati, di bocca buona e soprattutto avventurosi. Quindi poche storie e via.
Da quel momento in poi non ricordo tutto e cosa abbiamo fatto in successione.
In memoria ho dei flash…
…. la mattina successiva siamo al noleggio biciclette: un mare di biciclette, meglio, un oceano di biciclette.
Grosse, pesanti, con le sacche per i bagagli stracolme. Salgo sulla mia e penso “non ce la farò mai”. E invece parto e mi sentirei sicura su questa biciclettona se non sfrecciassero altre biciclette da tutte le parti e non dovessi stare attenta a schivare il traffico e la gente.
Comincio a scoprire la città con i canali, le chiatte, i ponti che si alzano per fare passare i battelli, la donnina che da dentro la guardiola allunga una canna con barattolo per riscuotere il pedaggio delle barche, le file di case strette, alte, attaccate, con le facciate spesso decorate e pretenziose… come sono belle!
Arriviamo in una piazza dove alcuni ragazzi si esibiscono in break dance: fisici allenati, un tappetino, un po’ di musica da un mangianastri e subito si forma un capannello di persone che guardano, partecipano e applaudono, anche noi ovviamente. Poi passa un piattino per qualche moneta. Hanno trovato il modo di fare le vacanze divertendo e divertendosi e girando per l’Europa senza un soldo in tasca. Come ci piacciono!
.... un pomeriggio sono in fila per visitare la casa di Anna Frank. Non saliamo tutti e dodici. Alcuni preferiscono di no. Anch’io ho difficoltà a visitare i cosiddetti “luoghi della memoria”.Non sono mai voluta andare a Fossoli, ad Auschwitz e anche Monte Sole mi inquieta sempre. Ma qui mi sembra sbagliato non salire. Forse perché prevedo che non ci sarà un’altra volta o perché era una ragazzina come i miei rimasti giù. C’è tanta gente, abbastanza silenziosa e rispettosa, solo bisbigli. Saliamo le scale, le stanze sono vuote, solo qualche disegno, cartolina, ritaglio di giornale, le finestre oscurate, l’armadio che chiudeva l’accesso al nascondiglio. E’ molto suggestivo vedere tutto questo che già avevo immaginato leggendo il Diario, ma faccio presto, giro velocemente, mi sento a disagio, mi sembra di violare un’intimità dolorosa. Giù dabbasso in una teca c’è anche il Diario originale di Anna. Esco e faccio un lungo respiro.
…. pedaliamo in una strada di città in fila indiana, in cerca di un posto per mangiare, ci scambiamo pareri a voce alta e sentiamo gridare “Italiani?”. Ci fermiamo. Sono due ragazzi sardi che gestiscono una pizzeria qui. E’ la nostra! Ci accolgono con tanto calore, ci danno da mangiare cose buonissime. Torniamo anche il giorno dopo e finiamo sempre salutandoci con un bicchierino di Mirto ghiacciato. Incontriamo anche un altro italiano, è un ragazzo figlio di nostri amici, amico dei nostri figli. Vederlo qui è bello e buffo.
…. un altro giorno pedaliamo su un argine che costeggia da un lato un canale e dall’altro i campi. Ogni tanto appare una fattoria dall’aspetto lindo e ben curato, la casa di mattoni rossi col tipico tetto di paglia, il giardino con i fiori e in fondo … un mulino a vento! La cartolina stereotipata dell’Olanda. Un paesaggio che si ripete, un po’ monotono, ma quanta pace e armonia e bellezza. Noi ci divertiamo a rincorrerci e a superarci anche se oggi è particolarmente faticoso per il vento forte che ci viene incontro e il percorso mi sembra anche un po’ in salita. Ma che problema c’è, noi siamo avventurosi.
Arriviamo a una di queste fattorie B&B. I proprietari sono gentilissimi, non credo solo perché siamo ospiti a pagamento; gli olandesi che abbiamo incontrato ci sono sembrati gente semplice, pratica, di campagna ma anche moderna, lungimirante e molto cordiale. Quando li incrociavamo in bicicletta, loro con la famiglia a seguito e i bimbi più piccoli biondissimi nel carriolino a traino, ci salutavano con sorrisoni e continui “hei”, il nostro “ciao”. La casa è bellissima, nuova, legno fuori e dentro. Costruita proprio per ospitare. Mentre la signora mi mostra spazi e servizi, compreso frigo pieno di provviste, i ragazzi salgono in camera. Vado a vedere come si sono sistemati. La soffitta è un camerone con dieci letti ai lati, tetto spiovente, abbaini senza tende così il risveglio all’alba è assicurato, tutto di legno. I ragazzi sono spiaggiati sui letti, nel corridoio in mezzo giacciono abbandonate le sacche aperte, le scarpe mescolate. Non commento, scavalco e scendo dall’altra parte.
…. è tardi. Stiamo cercando da dormire, ma non troviamo un posto che ci ospiti tutti e dodici. Decidiamo di dividerci, i ragazzi sono grandi e possono stare da soli. Io e mio marito troviamo alloggio in una villetta deliziosa di due avvocati pensionati che, per rimanere attivi e vigili, hanno deciso di trasformarla in un B&B.
Coltivano frutti in giardino, fanno marmellate e ospitano. Anche loro non hanno tende alle finestre come usa qui, così tu passi per la strada e vedi scene famigliari all’interno. Sarà perché sono socievoli o perché c’è poca luce e qui viene buio presto? Non so se questa cosa mi piace, anzi non mi piace. Ci accompagnano alla nostra camera su per le solite scale strette e ripide fino all’ultimo piano. La signora ha curato l’arredamento in ogni dettaglio e ogni camera è colorata di un colore pastello diverso dalle altre, il tutto molto gradevole.
Ci voleva proprio dopo aver pedalato tutto il giorno. A colazione ci troviamo ad un tavolo con due ragazzi slavi che non spiccicano una parola e due vecchi tipici signori inglesi. Io, per superare l’imbarazzo del silenzio, mi avventuro in un discorso in inglese. Il Lord mi sorride molto. Cosa avrò mai detto nel mio inglese improbabile?
… abbiamo percorso 70 km (!!) in mezzo a un bosco e costeggiato la ferrovia che ci avrebbe pur dovuto portare a un centro abitato. Non troviamo da dormire e sta venendo buio. Non ce la faccio più e stavolta sclero. Mi fermo e dico di lasciarmi lì, di andare avanti, io devo riposare e… piango. Mi guardano allibiti e compassionevoli, ma non mi abbandonano. Per fortuna i ragazzi sono avanti e non mi vedono. Mi riprendo, ripartiamo. Troviamo una cittadina, un mega albergo e così anche stanotte si dorme al coperto.
….Ritorno in treno da Milano a Bologna. Noi adulti in una carrozza e i ragazzi in un’altra. Passa una signora con faccia disgustata e brontola “che incivili, che indecenza, non ci si può stare”. Noi due mamme ci guardiamo, ci alziamo e andiamo di là. I ragazzi si sono tolti le scarpe da ginnastica portate per 15 giorni! Loro chiacchierano allegri e felici, inconsapevoli.
Ovviamente abbiamo vissuto tante altre situazioni. Purtroppo la mia mente tende a dimenticare molto. Una cosa però ricordo bene: è stata una vacanza bellissima!
Adele