Quando ho deciso di partire per il cammino di Santiago, erano ormai due anni che mi allenavo e che stressavo tutti con la promessa che sarei partito.
La serata organizzata dagli amici per augurarmi buon viaggio, aveva tutto il sapore di uno scherzo, un saluto a chi dopo una settimana si prevedeva di ritorno. Non solo loro ma anche io nutrivo forti dubbi sulla riuscita dell’impresa.
Solo, per la prima volta in un viaggio, e così impegnativo già alla prima tappa (la più dura) stavo per arrendermi. L’aiuto di un milanese che mi ha visto stremato e arreso è stato determinante e da lì è iniziato tutto. Lui aveva già fatto 1000 km., veniva a piedi da Zurigo, e la sera a Roncisvalle ci siamo uniti ad un gruppo di suoi amici uno dei quali veniva, a piedi, dal nord Olanda. Solo io mi arrendevo dopo un giorno? Non sia mai detto, ma il “chi me l’ha fatto fare?” mi è suonato nelle orecchie per tutta la prima settimana.
Dopo questi nuovi amici
tante altre persone mai conosciute, con le quali spesso si dialogava solo a gesti o ancor meglio ognuno nella propria lingua, sono diventati compagni di viaggio per uno, due giorni, compagni di fatiche, di vesciche, di sudore ma anche di gioia e soddisfazione condivisa. Un gruppo di anziani spagnoli mi aveva preso in simpatia e ad ogni fortuito incontro al mio arrivo alzavano i boccali di birra salutandomi: “Pellegrino!”
La partenza di mattina ancora col buio e l’arrivo nel primo pomeriggio erano il preludio ad una bevuta ristoratrice, una doccia rigenerante e una tavolata piena di chiacchiere e racconti. Mai in tutta la mia vita ho bevuto e apprezzato una birra fresca come allora, mai avrei creduto di riuscire a dormire in un ostello mezzo vestito e in stanze da 15-20 brande. Invece riposavo benissimo e i compagni di viaggio che più sono stati con me, mi avevano soprannominato “5 minuti” perché è quello che chiedevo ogni mattina al suono della sveglia.
Uno per tutti, ricordo degli ostelli quello di Foncebadon
Arrivo come al solito stremato e in corsa con un temporale che ci inseguiva da vari chilometri. Appena entro, fuori si scatena un inferno di pioggia. Il posto era uno dei più brutti, peggio tenuti e anche un po’ sporco che avessi incontrato sino a quel momento. Ma all’arrivo mi sembrò il luogo più caldo e accogliente del mondo. Nella guida sulla quale mia moglie scriveva ogni sera le mie impressioni, appare ancora “posto molto brutto ma molto bello”. Come qualcuno ha già detto: tutto è relativo.
Già a metà del percorso le file si assottigliavano
Il dispiacere per chi non ce la faceva e abbandonava il cammino veniva mitigato dai nuovi incontri e ogni giorno si scopriva la bellezza di una città nuova o un paesaggio che, pur nella sua uniformità, sembrava sempre diverso.
A Pamplona ho conosciuto il “mi hermano” Vincente. Un valenciano ex autista di importante politico, che conosceva tutti i posti migliori per mangiare e bere e da quel momento il vitto è migliorato di molto.
Il magnifico e morbido polpo di Melide, lo abbiamo gustato in 3 diversi posti per accompagnarlo da quattro-cinque diversi e deliziosi vinelli.
Non ero ubriaco ma sono piacevolmente svenuto sulla branda.
Le meseta, estensione infinita, davano l’ingannevole impressione che il traguardo non fosse poi così lontano. Come un lampo di flash, per settimane dopo il rientro mi tornavano alla mente. Non c’è foto per riuscita che sia, che le possa rappresentare.
Poi lo scenario cambia deciso. Colline verdeggianti, boschetti, bovini al pascolo e piccoli borghi di campagna. Pareri altalenanti sul da farsi: camminare di più per arrivare prima o prendersela comoda tanto ormai ci siamo? Mantenere fede al programma, la decisione finale presa in una sera dove sembrava che nessuno avesse sonno.. Molti più pellegrini adesso e molti più spagnoli.
Entusiasmo per l’arrivo che commuove e solleva.
Ogni pellegrino l’esprime a suo modo: sdraiandosi sfinito in mezzo alla piazza, inginocchiandosi in preghiera, ringraziando Dio e i Santi che lo hanno condotto alla meta. Molti piangono e a guardarli bene ti viene il sospetto che siano dispiaciuti più per la fine dell’avventura che per la fine della fatica.
La mia commozione per il raggiunto traguardo si è concretizzata in un gesto per me inusuale, ma poi non tanto: l’abbraccio alla statua di San Giacomo dietro l’altare della Cattedrale!
Lo scopo del cammino di Santiago non è solo il pellegrinaggio. Ognuno ha la sua di ragione per farlo, per me è stata il mettermi alla prova e riuscire, contro ogni previsione, in qualcosa di mio.
Ho portato a casa molto più della soddisfazione: nuovi amici, nuovi racconti di avventura, nuovo rapporto con me stesso. Non nego che ho faticato a riprendere la vita di prima perché molte cose mi apparivano meno importanti e quasi superflue.
Ma il cammino di Santiago non è la realtà e trentun giorni nei quali pensi solo a te stesso, sollevato da ogni responsabilità personale e familiare, sono una bella favola che non potrai mai raccontare del tutto ma nemmeno lo vuoi perché è solo tua.
Ego Bergonzini