Mi hanno mentito, oppure ho sempre capito male io, ma poi è lo stesso.
A Ovest di Berlino Ovest non c’era l’Ovest, ma la Germania Est; il muro, quello che era e quello che è rimasto, non è una linea che congiunge due punti, divide una parte dall’altra, ma un cerchio, una linea che corre tutto intorno le mura di una fortezza.
Una fortezza assediata, una fortezza con mura costruite dall’assediante e non dall’assediato, mura che devono impedire a chi era fuori di salvarsi dentro, entrando e chiudendo la porta dietro di se.
Dalla linea del muro, dal suo circolo imperfetto si può guardare la storia del XX secolo dell’occidente e dell’Europa; qualcosa anche più il la..
Le colonne grigie del Pergamon Museum vogliono ricordare quelle di antichi templi, sono crivellate da pallottole recenti e annerite da incendi spenti da così poco da lasciarci ancora il ricordo delle fiamme, uscendone attraverso i colori vividi della Via processionale di Ishtar, con i suoi leoni e le sue figure in maiolica blu.
La porta di Brandeburgo emerge nella realtà dall’immaginario ma rimane nel ricordo di tante Berlino, da quella imperiale a quella nazista, a quella divisa dal muro, a quella di oggi..
La Storia si ripete e si accanisce sul Reichstag, prima incendiato dai nazisti , poi simbolo della vittoria della bandiera Rossa Sovietica, poi ricostruito in vetro ed acciaio, cupola trasparente sulla nuova Berlino.
Uno strato d’asfalto ha trasformato in parcheggio l’ultimo rifugio della banalità del male; il bunker è sotto le gomme di una qualunque Wolkswagen, ignara di essere parcheggiata proprio sopra l’ultimo rifugio di chi volle inventare la vettura del popolo.
Berlino ha ancora il sapore di una birra leggera e di una minestra con lardo e fagioli guardata dalle finestre del ristorante di un centro commerciale, del “Più Grande magazzino dell’Ovest”, il Kadewe, sopravvissuto incongruamente alla caduta del muro che l’aveva incoronato.
Antonio
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