La Filanda

Racconta la tua storia di insegnante al tempo del Covid
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COME STIAMO VIVENDO!!!!!!

Parto da un’ammissione che è al tempo stesso una rivendicazione. Un gesto politico. Noi che ci

credevamo liberate, noi che avevamo un lavoro, talvolta perfino amato. Noi che con il

nostro compagno avevamo costruito una relazione paritaria, un equilibrio efficace nella

distribuzione dei compiti che non ricalcasse stereotipati ruoli di genere. Noi che avevamo

imparato a lavorare su quel sentimento costante di inadeguatezza e di colpa che le donne

sembrano sorbire fin dalla nascita insieme al latte materno. Noi oggi ci scopriamo così

simili a donne di un tempo che pensavamo superato, ricacciate indietro, all’ombra di mura

che pure una volta avevamo abbattuto. Sbiadiamo. Nell’ultimo anno mi guardo allo

specchio e stento a riconoscermi. Non so più bene chi sono, dove sono. Mi sento tirata da

ogni parte e perdo il baricentro. Barcollo. Non succede soltanto a me. Lo capisco dai silenzi

delle amiche. Abbiamo lo stesso sguardo smarrito, i gesti nervosi, i sorrisi tesi o tristi.

Resistiamo, aggrappate chi all’ironia, chi alla speranza, chi all’attivismo, ma è inevitabile

che, a distanza di un anno e senza risposte istituzionali all’altezza della situazione, le

risorse individuali siano prossime a esaurirsi. Le donne più di altri soggetti pagano la crisi

che stiamo vivendo. Intorno a noi sono diventati tutti più fragili, hanno bisogno delle

nostre cure, ancora una volta siamo noi le più forti, quelle che sanno cosa fare quando la

casa vacilla. E così l’autonomia si restringe rapidamente. Siamo ricacciate nell’invisibilità.

Accade alle tante che si erano inventate professioni autonome. Ma come è possibile

scrivere progetti, fare riunioni, rispondere a e-mail, tenere lezioni, in una casa in cui

bambini piccoli chiedono attenzioni o fanno scuola davanti al computer? Come è possibile

sottrarsi alle loro esigenze? D’altra parte sono rare o inesistenti le occasioni per

rigenerarsi, a causa del restringersi degli spazi di movimento e dell’erosione del tempo

disponibile. So di cosa parlo, sono un’insegnante che da dodici mesi lavora a distanza, con

un figlio di sei anni che nella stanza accanto impara a distanza. Gli equilibri sono saltati, la

fatica si è moltiplicata. Non ho più un tempo solo per me, non ho più alcun silenzio per

lavorare, leggere, scrivere. Nulla che mi permetta di rigenerare le energie, pochissimo

nutrimento. Nella mia famiglia sono quella che paga il prezzo più alto.